venerdì 10 marzo 2017

AUTOBIOGRAFIA (Rossella Vimercati detta Ross)


Sono nata nel 1954 e non ho girato il mondo.
Ho amato il mare ma ho sempre vissuto in città, dal sesto piano guardavo le rondini di Milano.
A due anni seduta su un muretto accanto a mio papà facevo ciao con la mano.
Quando avevo dieci anni guardavo gli striscioni elettorali
e dicevo che avrei votato il partito liberale perché la libertà è la cosa più importante.
A diciassette leggevo il Manifesto del partito comunista e Sartre;
andavo in manifestazione con gli studenti, se uno era anarchico mi innamoravo subito.
Ho avuto solo amori platonici, fino a diciotto anni.
Non volevo diventare una signora borghese, sarò una vecchia eccentrica ma poi non lo so.
A diciannove anni ho fatto il mio primo viaggio all'estero, a Parigi, quasi una fuga; si dormiva in tre in un letto, ricordo il cous cous e il tè al gelsomino e il vino.
Non ho smesso un attimo di essere felice.
Mi piacevano i Beatles e i Rolling Stones e i ragazzi che suonavano la chitarra.
Da decenni ho sempre gli stessi amici, da anni lo stesso uomo ma non sarà l'ultimo.
Ho desiderato dei figli, nel 1981 è nata Giulia, cinque anni dopo è arrivata Martina.
Mi ero sposata nel 1978, avevo messo su famiglia.
Non conoscevo la sofferenza, quella grande, finché mio marito non si è innamorato di un'altra.
Poi c'è stata la poesia la pittura la scrittura. Sono diventata curiosa di tutto.
A 43 anni ho vissuto un grande amore tormentato ed esaltante
come lo sono i grandi amori da romanzo.
Ho pianto ma non mi sono pianta addosso e nel 2003
c'è stata la mia lunga estate calda, sesso e risate.
Avrei potuto nascere zingara o nomade, ci sarei stata bene
invece ho fatto la turista.
La sera del mio sessantesimo compleanno sono entrata in casa
e c'erano tutti, lì, a festeggiarmi. Ho capito quanto le mie figlie mi vogliono bene.
Sono stata bene da sola e sono stata bene in compagnia
ho riconosciuto i miei pregiudizi e le mie diffidenze.
Nel 2007 ho passato tutta una notte abbracciata a mia figlia
che nessuna parola poteva consolare.
Lunga da passare quella nottata.
Ho imparato a usare il computer, giusto per quel che mi serve.
Mi piace che il mio uomo abbia detto di me che sono la donna meno rompiballe
che abbia conosciuto.
Alcuni anni sono passati senza lasciare traccia, forse sono io che non ricordo.
Ora mi lascio guidare dai versi di Emily Dickinson.
Da un'asse all'altra avanzavo
così lenta, prudente.
Sentivo le stelle sul capo,
e sotto i piedi il mare.
Questo solo sapevo: un altro passo
poteva essere l'ultimo.
Ed avevo quell'andatura incerta
che chiamiamo esperienza.

Nessun commento:

Posta un commento