mercoledì 29 marzo 2017

Dallo psicologo (Paola)

Eccola: sfodero la mia arma segreta, un sorriso smagliante.
"Buongiorno Paola! "- ora mi risponderà come al solito.
"Buongiorno dottore, come sta?" - io benissimo finché non la vedo.
Non le rispondo neppure. "Prego, si accomodi."
Silenzio - Non dico niente, tanto attaccherà lei a parlare e non la finirà più come sempre. Taccio: tanto dice tutto lei.
"Mi scusi dottore se l'ho disturbata ancora con le mie mail (già!), ma stavo malissimo. Ora sto meglio."
Sa tutto lei, fa tutto lei: cosa continua a venire da me non lo so proprio. "Come ha risolto i suoi problemi, in che modo?"
"Al solito, dottore: con la fede e lavorando su me stessa. E poi con l' aiuto dei libri che mi ha consigliato lei."
Mi viene da ridere e rido "Eh già, ormai sono diventato il suo consulente librario!" Non ho letto neppure uno dei libri che le ho consigliato: era spazzatura buttata là a caso. Ma vuole rubarmi il lavoro questa qui?
Parliamo dell'ultimo libro di Recalcati su Lacan...
"Sa, dottore, penso che la mia diagnosi sia sbagliata."
Parla, parla: intanto tanto io penso ai fatti miei."
Finalmente è arrivato il tempo di salutarci. “Brava, ha fatto dei grossi progressi. Complimenti! Abbiamo già fissato il prossimo appuntamento, vero?"
"Sì, sì! Anzi volevo chiederle: considerato che ricomincio il volontariato, si potrebbe fare un po' prima, alle 8,30 per esempio?"
Ma questa è scema! Vuole sbattermi giù dal letto all'alba in pieno inverno!" Mmm... Mi spiace, ma per il momento non è possibile. Forse più avanti, in primavera, le saprò dire..."
"Arrivederla e grazie ancora!"
"Arrivederci!" Sorriso smagliante, calorosa stretta di mano, chiudo la porta: finalmente se n'è andata!
Com'è dura la vita dello psicologo!

venerdì 24 marzo 2017

Le Anatre Mandarine (Maddalena)

Orbene, pochi sanno che nel laghetto della Villa Reale di Monza c’ è un esemplare di anatra mandarina.
Io ne sono innamorata.
Quando ero molto giovane, giovane maestra, ho scelto un libro di lettura per gli alunni.
Nel libro vi erano due allegati e in uno di questi spiccava in tutto il suo splendore una meravigliosa
fotografia che ritraeva un’anatra, nelle acque di uno sconosciuto paesaggio cinese.
La sua bellezza è caratterizzata dai colori arancio, blu, bianco, nero e da tante sfumature, tutto distribuito in modo geometrico sul corpo. Sembra dipinta a mano, persino sotto le ali.
Se tanta bellezza non mi spingerà a farne un acquerello dovrò farmene una ragione.
Non sarò più pittrice.
Eppure la guardo incantata muoversi in modo regale.
Il fatto singolare è che non ha compagni. Negli anni passati le osservavo muoversi a coppie.
L’anno passato una di esse aveva un’ala rotta e stava molto ferma su un isolotto.
Che tristezza.
Nei giorni scorsi, essendo io fuori Monza, ho mandato in avanscoperta un’amica perché controllasse la sua presenza.
Sì, c’era, e puntualmente è arrivata la foto.
La bellezza resta.

giovedì 16 marzo 2017

La magia dello Yule (Andrea Marino)

Non c'era in giro nulla di nulla, ma chi li avrebbe sentiti i suoi figli, che la aspettavano a casa? Presa dalla frustrazione si fermò un attimo a riordinare le idee.
Per scacciare quell'assillo aveva i giorni contati. Era partita prima dell'alba sperando contro ogni ragionevole previsione di tornare entro poche ore, perché prima o poi un colpo di fortuna doveva pur arrivare. Ma come accadeva da troppo tempo, al tramonto era ancora a mani vuote. Se non è rimasto proprio nulla il colpo di fortuna puoi aspettarlo quanto vuoi. Perciò si spingeva ormai ben oltre le zone a lei note, allungando la strada del ritorno e rischiando pure di fare brutti incontri. Ancora qualche ora di ricerca, poi sarebbe dovuta tornare.

***

Come ogni anno nel periodo più oscuro, l'accampamento era invaso da una gioia inebriante. Un'emozione magica che non si sapeva neppure come chiamare, tanto era esclusivo il suo legame con quei pochi giorni e solo con quelli. Perciò si chiamava semplicemente "la magia dello Yule". Lo Yule era un'irragionevole serata di baldoria al tempo in cui le privazioni invernali cominciavano a farsi terribili. In segno di fiducia negli dei non solo ci si abbuffava e ubriacava, ma si sacrificavano loro persino un maiale e altri piccoli animali, con vero sprezzo del pericolo per non dire incoscienza allo stato puro.

Tutti i bambini in quel periodo erano allegri, alle prime nevicate ringraziavano sottovoce gli dei mentre gli adulti imprecavano. La neve era il più bel giocattolo mai visto, ed era un indizio dell'avvicinarsi dello Yule.
Tutti i bambini in quel periodo erano allegri, ma a volte qualcuno faceva eccezione. Tok, nove anni, non sopportava il fratello Kot, quattro. E in quel momento non amava neanche la neve. Tok avrebbe voluto ultimare i preparativi con gli altri bambini più grandi, in particolare con la sua amica Len: decorare gli alberi, aiutare in cucina, ammucchiare la legna per i falò. Non è tanto importante cosa fai ma con chi. Quell'anno però la mamma non riusciva a preparare la festa e al tempo stesso badare a Kot, cresciuto abbastanza da voler correre con i suoi amichetti troppo lontano dalle mamme, a giocare sulla neve. Il risultato era che ad avere fratellini di quell'età si veniva reclutati come controllori. Già in generale Tok non gradiva l'arrivo di fratelli e sorelle; disturbavano il suo piccolo mondo, a lui piaceva così. Ora che era abbastanza grande da essergli imposto quel personale coinvolgimento, rivalutava la sorellina Brit, che aveva avuto l'accortezza di morire di polmonite a soli due anni.

Sentì da lontano la voce di papà: si stava facendo buio, doveva riportare i piccoli all'accampamento. Tok era sdraiato supino su un tronco caduto e guardava il cielo violaceo. Non aveva alcuna voglia di muoversi da quella posizione. Da quanto tempo l'aveva trovata? Boh, ma era perfetta. Da quanto tempo non guardava i bambini? Non se lo ricordava neanche. Forse era proprio il caso di alzarsi, anche perché non li sentiva nemmeno: c'era un allarmante silenzio.
Eccoli infatti, quasi dei puntini: lontanissimi da dove lui aveva detto di fermarsi. Prima di rincasare le avrebbero prese. Si incamminò verso di loro urlando cose poco piacevoli.

***

Era arrivata in un luogo da cui normalmente sarebbe fuggita a gambe levate. Quando per disgrazia capitava di incrociarli, era imperativo occultare la propria presenza e, possibilmente, fare i bagagli e trasferirsi lontano. Ecco spiegata quella carestia così dura: voraci e spietati, dove passavano loro il cibo spariva in un lampo. Erano i migliori a procurarselo e lo accumulavano senza ritegno. Non accettavano concorrenza e soprattutto non accettavano il minimo rischio: perseguitavano fino in capo al mondo chiunque considerassero una minaccia.
Normalmente sarebbe fuggita a gambe levate, ma ormai era tanto al limite da non potersi concedere questo lusso. Poteva essere l'ultima opportunità di salvezza per i suoi figli.

***

I bimbi piccoli, a malincuore e con una lentezza esasperante, si erano incamminati verso Tok. Un'altra presenza, dietro un cespuglio innevato, valutava rapidamente il da farsi. Non c'erano adulti armati nei paraggi. Inizialmente interessata al più grande, pensò poi che due di quelli piccoli sarebbero stati comunque facilmente trasportabili, e ne avrebbe ricavato di più. Con un balzo l'enorme tigre oscurò il tramonto di fronte a Kot e al suo amico Vlag, e prima che loro o gli altri si rendessero conto dello spavento era già lontana. Fulminea, tra le fauci teneva per il collo due vittime che scottavano.

Era un piacere vedere i suoi piccoli riempirsi la pancia come non facevano da tanto tempo. E adesso? Aveva fatto di tutto per confondere le tracce, allungando la strada, camminando sul ghiaccio, persino saltando da un albero all'altro. Per fortuna abitava molto lontano dall'accampamento dei terribili bipedi: con cuccioli di quell'età e in quella stagione, non sarebbe stato facile trovare un nuovo domicilio. Domani avrebbe cominciato a cercare. Ora per cancellare davvero le sue tracce ci sarebbe stata proprio bene una bella nevicata.
Le crudeli scimmie scese dagli alberi non erano i padroni del mondo, non erano invincibili. Comunque non quella sera. Oltre alla carne, i cuccioli ricevettero una doppia dose di coccole dalla loro mamma. E fuori cominciò anche a nevicare. Quella sera sembrava che tutto fosse possibile.

lunedì 13 marzo 2017

Invecchia con me (Giovanni Teruzzi)


Invecchia con me
tu che ancora non esisti
ti porterò in un sentiero segreto
dove ci sono gli alberi
che cantano
e i fiumi dipingono
i fiori ci accarezzano
e noi ci addormenteremo
in un luogo senza fine
e senza cornice
l'amore sarà il nostro respiro
perché ci spetta
chiuderemo i nostri due cuori
nel mare
e consegneremo la chiave
al vento


venerdì 10 marzo 2017

CHI SIAMO

Andrea, Giovanni, Maddalena, Paola, Patrizia, Rossella: sono i miei alunni al corso di scrittura Tutti Possono Scrivere (un titolo scemo, lo so), che tengo al Centro Civico di via Lecco a Monza. Ho cominciato tre anni fa per onorare una promessa e ora sono entusiasta di questa esperienza e soprattutto di loro, come scrittori e come esseri umani. Vorrei dire che sono diventati bravi per merito mio, ma erano già bravi quando abbiamo cominciato.
Ho imparato molto da queste persone (molto più di quanto mi aspettassi, cosa di cui mi vergogno profondamente) e, dal basso della mia pochezza, vi presento con orgoglio i loro scritti. D'ora in poi saranno le loro storie a parlare. Cominciamo da Rossella, perché partire da chi, anche solo per motivi alfabetici, si viene a trovare ultimo è sempre il miglior modo per cominciare. Orsù, dunque, leggete e moltiplicatevi. 

PS Il titolo viene da un mix assurdo di varie proposte. In un gruppo diciamo creativo ci deve essere spazio per le idee di tutti, per balzane che siano.

AUTOBIOGRAFIA (Rossella Vimercati detta Ross)


Sono nata nel 1954 e non ho girato il mondo.
Ho amato il mare ma ho sempre vissuto in città, dal sesto piano guardavo le rondini di Milano.
A due anni seduta su un muretto accanto a mio papà facevo ciao con la mano.
Quando avevo dieci anni guardavo gli striscioni elettorali
e dicevo che avrei votato il partito liberale perché la libertà è la cosa più importante.
A diciassette leggevo il Manifesto del partito comunista e Sartre;
andavo in manifestazione con gli studenti, se uno era anarchico mi innamoravo subito.
Ho avuto solo amori platonici, fino a diciotto anni.
Non volevo diventare una signora borghese, sarò una vecchia eccentrica ma poi non lo so.
A diciannove anni ho fatto il mio primo viaggio all'estero, a Parigi, quasi una fuga; si dormiva in tre in un letto, ricordo il cous cous e il tè al gelsomino e il vino.
Non ho smesso un attimo di essere felice.
Mi piacevano i Beatles e i Rolling Stones e i ragazzi che suonavano la chitarra.
Da decenni ho sempre gli stessi amici, da anni lo stesso uomo ma non sarà l'ultimo.
Ho desiderato dei figli, nel 1981 è nata Giulia, cinque anni dopo è arrivata Martina.
Mi ero sposata nel 1978, avevo messo su famiglia.
Non conoscevo la sofferenza, quella grande, finché mio marito non si è innamorato di un'altra.
Poi c'è stata la poesia la pittura la scrittura. Sono diventata curiosa di tutto.
A 43 anni ho vissuto un grande amore tormentato ed esaltante
come lo sono i grandi amori da romanzo.
Ho pianto ma non mi sono pianta addosso e nel 2003
c'è stata la mia lunga estate calda, sesso e risate.
Avrei potuto nascere zingara o nomade, ci sarei stata bene
invece ho fatto la turista.
La sera del mio sessantesimo compleanno sono entrata in casa
e c'erano tutti, lì, a festeggiarmi. Ho capito quanto le mie figlie mi vogliono bene.
Sono stata bene da sola e sono stata bene in compagnia
ho riconosciuto i miei pregiudizi e le mie diffidenze.
Nel 2007 ho passato tutta una notte abbracciata a mia figlia
che nessuna parola poteva consolare.
Lunga da passare quella nottata.
Ho imparato a usare il computer, giusto per quel che mi serve.
Mi piace che il mio uomo abbia detto di me che sono la donna meno rompiballe
che abbia conosciuto.
Alcuni anni sono passati senza lasciare traccia, forse sono io che non ricordo.
Ora mi lascio guidare dai versi di Emily Dickinson.
Da un'asse all'altra avanzavo
così lenta, prudente.
Sentivo le stelle sul capo,
e sotto i piedi il mare.
Questo solo sapevo: un altro passo
poteva essere l'ultimo.
Ed avevo quell'andatura incerta
che chiamiamo esperienza.