Non
c'era in giro nulla di nulla, ma chi li avrebbe sentiti i suoi figli,
che la aspettavano a casa? Presa dalla frustrazione si fermò un
attimo a riordinare le idee.
Per
scacciare quell'assillo aveva i giorni contati. Era partita prima
dell'alba sperando contro ogni ragionevole previsione di tornare
entro poche ore, perché prima o poi un colpo di fortuna doveva pur
arrivare. Ma come accadeva da troppo tempo, al tramonto era
ancora a mani vuote. Se non è rimasto proprio nulla il colpo di
fortuna puoi aspettarlo quanto vuoi. Perciò si spingeva ormai
ben oltre le zone a lei note, allungando la strada del ritorno e
rischiando pure di fare brutti incontri. Ancora qualche ora di
ricerca, poi sarebbe dovuta tornare.
***
Come
ogni anno nel periodo più oscuro, l'accampamento era invaso
da una gioia inebriante. Un'emozione magica che non si sapeva
neppure come chiamare, tanto era esclusivo il suo legame
con quei pochi giorni e solo con quelli. Perciò si chiamava
semplicemente "la magia dello Yule". Lo Yule era
un'irragionevole serata di baldoria al tempo in cui le privazioni
invernali cominciavano a farsi terribili. In segno di fiducia
negli dei non solo ci si abbuffava e ubriacava, ma si sacrificavano
loro persino un maiale e altri piccoli animali, con vero sprezzo del
pericolo per non dire incoscienza allo stato puro.
Tutti
i bambini in quel periodo erano allegri, alle prime nevicate
ringraziavano sottovoce gli dei mentre gli adulti
imprecavano. La neve era il più bel giocattolo mai visto, ed
era un indizio dell'avvicinarsi dello Yule.
Tutti
i bambini in quel periodo erano allegri, ma a volte qualcuno
faceva eccezione. Tok, nove anni, non sopportava il fratello Kot,
quattro. E in quel momento non amava neanche la neve. Tok avrebbe
voluto ultimare i preparativi con gli altri bambini più grandi, in
particolare con la sua amica Len: decorare gli alberi, aiutare in
cucina, ammucchiare la legna per i falò. Non è tanto importante
cosa fai ma con chi. Quell'anno però la mamma non riusciva a
preparare la festa e al tempo stesso badare a Kot, cresciuto
abbastanza da voler correre con i suoi amichetti troppo
lontano dalle mamme, a giocare sulla neve. Il risultato era
che ad avere fratellini di quell'età si veniva reclutati
come controllori. Già in generale Tok non gradiva l'arrivo di
fratelli e sorelle; disturbavano il suo piccolo mondo, a lui piaceva
così. Ora che era abbastanza grande da essergli imposto quel
personale coinvolgimento, rivalutava la sorellina Brit, che aveva
avuto l'accortezza di morire di polmonite a soli due anni.
Sentì
da lontano la voce di papà: si stava facendo buio, doveva riportare
i piccoli all'accampamento. Tok era sdraiato supino su un tronco
caduto e guardava il cielo violaceo. Non aveva alcuna voglia di
muoversi da quella posizione. Da quanto tempo l'aveva trovata? Boh,
ma era perfetta. Da quanto tempo non guardava i bambini? Non se lo
ricordava neanche. Forse era proprio il caso di alzarsi, anche perché
non li sentiva nemmeno: c'era un allarmante silenzio.
Eccoli
infatti, quasi dei puntini: lontanissimi da dove lui aveva detto di
fermarsi. Prima di rincasare le avrebbero prese. Si incamminò verso
di loro urlando cose poco piacevoli.
***
Era
arrivata in un luogo da cui normalmente sarebbe fuggita a gambe
levate. Quando per disgrazia capitava di incrociarli, era imperativo
occultare la propria presenza e, possibilmente, fare i bagagli e
trasferirsi lontano. Ecco spiegata quella carestia così dura: voraci
e spietati, dove passavano loro il cibo spariva in un lampo. Erano i
migliori a procurarselo e lo accumulavano senza ritegno. Non
accettavano concorrenza e soprattutto non accettavano il minimo
rischio: perseguitavano fino in capo al mondo chiunque considerassero
una minaccia.
Normalmente
sarebbe fuggita a gambe levate, ma ormai era tanto al limite da non
potersi concedere questo lusso. Poteva essere l'ultima opportunità
di salvezza per i suoi figli.
***
I
bimbi piccoli, a malincuore e con una lentezza esasperante, si erano
incamminati verso Tok. Un'altra presenza, dietro un cespuglio
innevato, valutava rapidamente il da farsi. Non c'erano adulti armati
nei paraggi. Inizialmente interessata al più grande, pensò poi che
due di quelli piccoli sarebbero stati comunque facilmente
trasportabili, e ne avrebbe ricavato di più. Con un balzo l'enorme
tigre oscurò il tramonto di fronte a Kot e al suo amico Vlag, e
prima che loro o gli altri si rendessero conto dello spavento era già
lontana. Fulminea, tra le fauci teneva per il collo due vittime che
scottavano.
Era
un piacere vedere i suoi piccoli riempirsi la pancia come non
facevano da tanto tempo. E adesso? Aveva fatto di tutto per
confondere le tracce, allungando la strada, camminando sul ghiaccio,
persino saltando da un albero all'altro. Per fortuna abitava molto
lontano dall'accampamento dei terribili bipedi: con cuccioli di
quell'età e in quella stagione, non sarebbe stato facile trovare un
nuovo domicilio. Domani avrebbe cominciato a cercare. Ora per
cancellare davvero le sue tracce ci sarebbe stata proprio bene una
bella nevicata.
Le
crudeli scimmie scese dagli alberi non erano i padroni del mondo, non
erano invincibili. Comunque non quella sera. Oltre alla carne, i
cuccioli ricevettero una doppia dose di coccole dalla loro mamma. E
fuori cominciò anche a nevicare. Quella sera sembrava che tutto
fosse possibile.
Nessun commento:
Posta un commento